Una strada segnata dagli “Amici di Brugg”

È quella di Nicola Perrini, 71 anni, Medico Chirurgo, specialista in Odontoiatria e Stomatologia, membro fondatore della S.I.E e dell’A.I.E., presidente della Fondazione “Prof. L. Castagnola”, nonché  direttore scientifico della “Rivista di Odontoiatria degli Amici di Brugg“, della cui Associazione è anche vicepresidente.

Nicola Perrini

Nato nel luglio del 1941, in un piccolo paese del foggiano, Nicola, orfano di padre morto in guerra, dalla quarta elementare fino alla maturità classica è ospite del collegio dell’Onaosi, a Perugia. A Pisa e Firenze completa gli studi, laureandosi in Medicina e Chirurgia, conseguendo successivamente la specializzazione in Odontoiatria e Stomatologia. Una branca della medicina per la quale, inizialmente, ammette, non aveva grande interesse. Fu il fratello maggiore, dentista, a spingerlo in quella direzione in modo anche un po’ forzato, racconta Perrini, considerando che all’epoca, alla fine degli anni ’60, questa disciplina era considerata per così dire di serie B, un rifugio per chi non era riuscito ad avere una certa rilevanza in medicina. Ma ben presto, anche grazie all’incontro con alcuni dei maggiori esponenti dell’odontoiatria di quegli anni, tutti appartenenti agli  “Amici di Brugg”, tra cui spicca la figura di Luigi Castagnola, il suo maestro, il giovane medico odontoiatra inizia a rendersi conto della dignità di questa materia che approfondisce con passione, dedicandosi in modo particolare all’endodonzia. Membro fondatore della Società Italiana di Endodonzia e dell’Accademia Italiana di Endodonzia, Perrini, past-president della S.I.E. e della A.I.E., è attualmente presidente della Fondazione “Prof. L. Castagnola” e direttore scientifico della “Rivista di Odontoiatria degli Amici di Brugg”, della cui Associazione è anche vice presidente. Libero professionista, vive e opera a Pistoia presso il Centro di Odontoiatria e Stomatologia F. Perrini, la clinica odontoiatrica intitolata al fratello Francesco, prematuramente scomparso, con il quale nel 1974, insieme a due amici e colleghi, la fondò, anticipando di diversi decenni quel modello clinico e organizzativo verso cui gli studi odontoiatrici sembrano ancora oggi indirizzarsi.

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Dottor Perrini, perché, tra tutte, ha scelto proprio l’endodonzia?

In realtà, inizialmente, mi occupavo anche di conservativa, che ho poi però abbandonato per dedicarmi meglio all’endodonzia, cioè a quella branca che, ho sempre pensato, mi avrebbe offerto un campo di ricerca più vasto. Trentotto anni fa ho persino allestito per mio diletto un laboratorio istologico che mantengo tuttora: credo sia uno dei pochi, se non addirittura l’unico in Italia, operante nell’ambito dell’endodonzia, forse la branca odontoiatrica più vicina alla medicina. Poi, non va trascurato un altro fatto: il mio primo maestro in assoluto è stato il professor Luigi Castagnola, docente di Endodonzia all’Università di Zurigo, che mi ha instradato verso questa professione, insieme agli altri grandi nomi dell’odontoiatria che frequentavano in quegli anni gli Amici di Brugg.

Un’associazione un po’ atipica, anche per l’attenzione ai rapporti umani che la contraddistingue da sempre…

Sì, in quegli anni poi era una caratteristica ancor più marcata, considerando quanto fossero inavvicinabili allora i cosiddetti baroni, personaggi a volte anche discutibili sul piano scientifico, che vivevano distaccati dal resto del mondo. Dagli Amici di Brugg, invece, tutto era diverso, si stava insieme, c’era un contatto continuo e avere relazione dirette con persone come De Chiesa, Garberoglio, Vergnano e Chiarini era un arricchimento continuo. Anche gli stessi fondatori dell’associazione, Biaggi e Castagnola, erano persone dotate di grande disponibilità verso i giovani, la caratteristica che ha contraddistinto e reso unica l’associazione rispetto a tutte le altre.

Quanto ha condizionato il suo modo di operare, invece, il modello clinico e organizzativo adottato dal centro odontoiatrico che oggi porta il nome di suo fratello Francesco?

Molto, siamo stati tra i primi in Italia a impostare lo studio in modo tale che ciascuno si occupasse di una specialità: c’era chi gestiva la protesi, chi la parodontologia e la chirurgia, chi l’ortodonzia e io che mi occupavo di conservativa e di endodonzia appunto. Il centro è nato nel 1974 e a quel tempo avere un luogo dove poter erogare tutte le prestazioni necessarie a risolvere qualunque caso senza cambiare studio, era un evento avveniristico. Insomma, ognuno aveva il proprio compito, c’era anche chi si occupava dell’amministrazione e io, che ero il più giovane, ho approfittato di questa occasione per dedicarmi quasi completamente alla ricerca.

Com’è nata l’idea di fondare la Società Italiana di Endodonzia?

Fu fondata da un gruppo di appassionati, tutti liberi professionisti, molti dei quali appartenenti all’associazione di Castagnola e Biaggi, tanto che la prima rivista della nuova società, l’organo ufficiale, fu la rivista di odontoiatria degli Amici di Brugg. D’altronde, lì c’era la vecchia generazione, i nostri maestri, i Professori Pecchioni e  Borsotti di Milano, il Dottor Garberoglio di Asti, il Professor Mantero e il Dottor Duillo di Genova, il Dottor Riitano di Soverato e il Professor Spina di Roma. Questi, dopo aver fondato un gruppo italiano di studi endodontici, per far decollare l’endodonzia in Italia, sentirono la necessità di chiamare dei giovani, quali Gianfranco Vignoletti, Agostino Scipioni, il defunto Giorgio Lavagnoli di Milano e io. Tutti insieme fondammo la Società Italiana di Endodonzia che oggi è una delle società più importanti nell’ambito del panorama nazionale, oltre a essere una delle più vecchie, insieme alla Società Italiana di Ortodonzia.

Come si difende oggi l’endodonzia dalla cultura dominante?

Personalmente sono tra quelli contrari a chi inneggia le nuove frontiere dell’odontoiatria attraverso i nuovi strumentari e macchinari dietro i quali in realtà c’è soprattutto una forte spinta commerciale. Purtroppo, nell’odontoiatria, pur essendo aumentata la capacità manuale dei singoli operatori, in particolare tra le nuove generazioni, è diminuita la capacità scientifica, la visione d’insieme, così come la capacità diagnostica. Un fenomeno che sta interessando anche l’endodonzia. La colpa non è dei giovani, ovviamente, ma delle strutture preposte a formarli, non sempre adatte a questo scopo. Mancano i docenti e le scuole per prepararli al loro compito di efficienti professionisti, forse anche perché, non dimentichiamolo, l’istituzione della facoltà di odontoiatria non è stata una nostra scelta, ma un’imposizione dell’Europa di cui paghiamo ancora il prezzo.

Come vede il futuro dell’odontoiatria? 

Non bene, d’altronde è sufficiente guardare la propaganda sui giornali per rendersi conto di come è cambiata, in peggio, la nostra professione. Sono pessimista per il futuro. Lavoro da 42 anni, ho attraversato mezzo secolo di odontoiatria italiana, con grandi soddisfazioni, ed oggi vedo una profonda crisi della professione che spesso si riscontra anche nella mancanza di deontologia.

Non è nostalgia…

No, ci sono cose che apprezzo nell’evoluzione dell’odontoiatria, come l’istituzione dell’igienista dentale, ad esempio, una figura che mancava. Nulla invece si è fatto per dare un profilo giuridico all’assistente alla poltrona: siamo i soli in Europa a non esserci occupati di questo problema. Nel mio piccolo, da quando ho istituito la Fondazione “Prof. Luigi Castagnola” in memoria del mio maestro, ho organizzato due corsi all’anno a Rimini che raccolgono mediamente, per ogni corso, oltre 2 mila persone, di cui circa 1700 odontoiatri e circa 700 assistenti di studio, proponendo corsi gratuiti  con relatori di altissimo livello scientifico. Questo, però, è solo una goccia nel mare, perché, andando a esaminare i numeri, si riscontra un livello di partecipazione molto basso: c’è una quota fissa di 700-800 professionisti assidui, un’altra quota interessata solo a determinati argomenti, ma su quasi 60 mila odontoiatri solo 8-9 mila si aggiornano costantemente. Neppure l’ECM è servito a qualcosa. È un fucile senza pallottole, che se anche le avesse, a mio avviso, non servirebbero, sarebbero anticostituzionali, perché lo Stato non può pretendere la laurea per l’esercizio di una professione e poi, in un secondo momento, richiedere ulteriori garanzie che dovrebbero essere connaturate alla professione e gestite direttamente dall’Ordine professionale.

Di cosa avrebbe bisogno oggi l’odontoiatria?

Per riscattarsi dovrebbe avere il coraggio di rifondare le scuole di odontoiatria. In Italia abbiamo laureati in odontoiatria che in alcuni casi non hanno mai fatto un’anestesia o un’otturazione. Nel nostro Paese oggi abbiamo oltre trenta (!) scuole di odontoiatria ma non i docenti per occupare tutti gli insegnamenti, per cui esiste una forte discrepanza tra i laureati delle diverse università. Ogni tanto per fortuna c’è qualche persona intelligente che capisce la necessità di ricominciare daccapo andando a cercare i propri maestri in Italia o all’estero, ma non tutti hanno la disponibilità economica per farlo.

Eppure l’odontoiatria italiana continua a vantare personalità eccellenti, riconosciute in tutto il mondo…

È vero, non a caso il mio maestro diceva sempre: “In Italia c’è tutto e non c’è nulla”. In ciascuna specialità abbiamo alcuni professionisti di fama mondiale, ma ciò che manca è la fascia media dei dentisti, quella che conta davvero.

Una strada segnata dagli “Amici di Brugg” - Ultima modifica: 2012-03-24T11:03:46+00:00 da Redazione

1 commento

  1. Sono Pietro Sirico ,medico -chirurgo dentista di Baronissi ( SA) classe 1959 e faccio parte di quei 700-800 assidui partecipanti ai congressi Castagnola dai primi anni ’90.Condivido appieno le idee del dott. Nicola Perrini ,che e’ stato per me un Maestro ,una guida e un punto di riferimento senza pari. Sono profondamente grato a lui per gli insegnamenti professionali e umani che ha saputo elargire durante gli innumerevoli corsi e congressi vari (dai tempi di Motecatini!), e se mi sono appassionato all’odontoiatria ed in special modo all’ endodonzia lo devo esclusivamente a lui.Grazie dott. Perrini.Sono pero’ anche triste da quando i corsi della Fondazione Castagnola non sono piu’ cosi regolari .La crisi si fa sentire anche nel nostro settore,e non e’ certo colpa del dott.Perrini che anzi si e’ sempre prodigato affinche’ i corsi ”gratuiti”si svolgessero sempre e comunque.Spero tanto che tutto torni alla regolarita’ di un tempo!