Oggi si assiste a un incessante progredire delle ricerche su nuovi materiali: nanotecnologie, materiali intelligenti e altro ancora promettono, almeno in vitro, un radioso futuro senza carie. Purtroppo, il rischio in questo settore della ricerca è che la durata necessariamente lunga degli studi clinici (gli unici che possono fornire conoscenze definitive) potrebbe superare la vita commerciale del materiale oggetto di studio, nel frattempo sostituito da uno nuovo. Si cerca di fare il punto in questa interessante rassegna.

Le direttive della food and drug administration in tema di materiali dentali bioattivi

Schmalz G, Hickel R, Price RB, Platt JA. Bioactivity of Dental Restorative Materials: FDI Policy Statement. Int Dent J. 2023 Feb;73(1):21-27. doi: 10.1016/j.identj.2022.11.012. Epub 2022

La qualifica di bioattivo è usata sempre più spesso per caratterizzare un materiale dentale e, grazie alla sua accezione positiva, aiuta anche nel pubblicizzarlo. Apparso per la prima volta negli anni Settanta per definire un gruppo di ceramiche, di questo aggettivo sono state date varie definizioni. Per evitare abusi, la FDI, l’ente che vigila su farmaci, alimenti e prodotti sanitari negli Usa, ha deciso di fare chiarezza emanando una serie di regole alle quali produttori e venditori devono attenersi. In primis, ovviamente, può essere definito bioattivo solo un materiale dentale che produce gli effetti benefici desiderati (ad esempio, la remineralizzazione o l’induzione della sintesi di dentina) senza interferire con la sua funzione primaria, cioè quella di servire al restauro del dente; l’aggiunta di molecole non deve alterare negativamente le qualità meccaniche che garantiscono la durata del restauro.

La FDI distingue tre possibili effetti bioattivi: chimici (ad esempio il rilascio di ioni fluoro), biologici (ad esempio favorenti la rigenerazione pulpare) e misti biologico-chimici, stabilendo anche regole per la comunicazione.

In particolare, se un materiale viene pubblicizzato come bioattivo, devono essere fornite informazioni scientificamente valide sulle ricerche eseguite (in vitro/ in vivo/ studi clinici), descrivendo il meccanismo d’azione, la durata degli effetti (ad esempio quanto dura il rilascio di eventuali molecole antimicrobiche) e l’eventuale rischio di effetti indesiderati (come la comparsa di resistenza agli antimicrobici o l’accumulo di ioni metallici all’interno delle cellule). La FDI richiama tutti prudentemente a una valutazione più accurata ricordando il caso di un materiale bioattivo che, dopo un anno, provocava ipersensibilità e fratture dentali, probabilmente per un aumento di assorbimento di acqua. L’articolo è liberamente accessibile in rete.

I nuovi materiali che combattono la carie rispondendo in modo intelligente alle variazioni del ph orale

Yu K, Zhang Q, Dai Z, Zhu M, Xiao L, Zhao Z, Bai Y, Zhang K. Smart Dental Materials Intelligently Responding to Oral pH to Combat Caries: A Literature Review. Polymers (Basel). 2023 Jun 8;15(12):2611.

Nell’epoca in cui pare che tutto debba diventare “smart” i materiali dentali non potevano restare esclusi. Gli autori espongono le conoscenze attuali sui materiali in grado di svolgere funzioni utili come compensare l’aumento l’acidità orale, rilasciare ioni necessari ai tessuti duri, limitare la presenza del biofilm microbico e altro ancora. Anche qui le nanotecnologie sono presenti in forze: per esempio, l’aggiunta di nanofosfato di calcio amorfo alle resine per compositi conferisce al materiale un’azione protettiva antimicrobica basata sulle repulsione contro le proteine, oltre al rilascio di ioni calcio e fosfato. La presenza di riempitivi inorganici in forma nano ha dimostrato anche di migliorare le qualità meccaniche, in particolare la resistenza, dei cementi vetroionomeri modificati con resina che, notoriamente, non resistono molto a lungo. Sulle specie cariogene come i Lattobacilli si è dimostrata efficace l’aggiunta di una molecola dal nome lunghissimo e abbreviato con DMAHDM che inibisce la formazione del biofilm e la concentrazione di acido lattico. Ancora più smart è l’azione di resine modificate con l’aggiunta di amine terziarie che svolgono un’azione antimicrobica quando il pH scende al di sotto di un certo valore. La stessa modalità d’azione è stata applicata su alcune resine per il rilascio di clorexidina in base ai valori di pH.

Applicazioni dei materiali a base di grafene in odontoiatria: biocompatibilità, proprietà antibatteriche e osteorigenerative

Williams AG, Moore E, Thomas A, Johnson JA. Graphene-Based Materials in Dental Applications: Antibacterial, Biocompatible, and Bone Regenerative Properties. Int J Biomater. 2023 Feb 7;2023:8803283

Il grafene è un materiale costituito da atomi di carbonio disposti a foglietto seguendo uno schema esagonale praticamente bidimensionale ma, nonostante questa apparente leggerezza, è uno dei più forti e resistenti. Le sue potenzialità per uso medico sono oggetto di molte ricerche tra cui non mancano quelle in ambito odontoiatrico. Una delle possibili e più promettenti applicazioni è quella implantologica: infatti, grazie al suo effetto antibatterico dovuto a diversi meccanismi potrebbe essere usato per rivestire gli impianti. Il primo meccanismo è puramente fisico e dipende dalla sua struttura che danneggia le membrane batteriche per contatto diretto; il secondo è di natura chimica attraverso la produzione di radicali dell’ossigeno, gli altri sono di tipo chimico-fisico e interferiscono col metabolismo microbico.

Le sue capacità inibitorie sul biofilm microbico sono state dimostrate in vitro e se ne sta studiando anche la possibile associazione con polimeri biocompatibili. Molto interessante è pure il suo futuro nei materiali da restauro: ricerche svolte sui compositi hanno evidenziato la sua capacità di inibire l’azione delle metalloproteinasi, enzimi responsabili della distruzione delle fibrille collagene all’interfaccia tra dentina e composito che minano la capacità adesiva del materiale favorendo infiltrazioni e carie secondarie.

Un altro possibile impiego è la protezione delle superfici dentinali: un composito addizionato di nanoidrossiapatite e grafene in forma nanotubulare si è dimostrato in grado di proteggere la dentina dall’attacco degli acidi. Un’azione simile è stata osservata aggiungendo grafene agli adesivi usati in ortodonzia che potrebbero così evitare la formazione di “white spot” intorno agli attacchi metallici causati dalla demineralizzazione dello smalto. Infine, il grafene è molto interessante anche per il suo possibile impiego nella rigenerazione ossea: in vitro la sua presenza si è rivelata utile per l’attivazione delle cellule staminali, come pure per la proliferazione e la differenziazione delle cellule del tessuto osseo. In un’altra ricerca in vitro è stata osservata la differenziazione di cellule staminali presenti nel legamento parodontale in cellule osteoblastiche; effetti simili sono stati visti anche rivestendo impianti in titanio con materiali a base di grafene. Prima di poterli usare nella clinica, sarà necessario verificare in vivo la biocompatibilità e la mancanza di effetti indesiderati sui materiali.

Revisione sistematica degli studi in vitro sugli effetti delle nanofibre nel rinforzo dei materiali dentali a base di resine

Albergaria LS, Scotti CK, Mondelli RFL, Vega HA, Faggion CM Jr, Bombonatti JFS, Velo MMAC. Effect of nanofibers as reinforcement on resin-based dental materials: A systematic review of in vitro studies. Jpn Dent Sci Rev. 2023 Dec;59:239-252.

Dopo molti anni dalla loro introduzione nella clinica, i materiali compositi soffrono ancora di alcuni difetti, tra i quali primeggiano la contrazione post-polimerizzazione e il rischio di infiltrazioni marginali. La causa sta nel diverso comportamento tra il riempitivo inorganico e la componente resinosa organica durante la polimerizzazione e la masticazione; per questo motivo la ricerca ha elaborato diverse soluzioni come ad esempio l’aggiunta di ceramica, vetro e ossidi di titanio.
L’avvento delle nanotecnologie (prefisso che indica un miliardesimo) ha spinto l’industria a sperimentare l’aggiunta di materiali in forma di nanofibre o nanotubuli.
Gli autori di questa revisione sistematica hanno estratto dalle ricerche più affidabili una serie di conclusioni.
La prima è, come sempre, che le nanofibre migliorano tutte le qualità meccaniche dei materiali, ma sono necessari studi e risultati con un maggiore grado di evidenza scientifica. Tra le osservazioni effettuate in vitro si è rivelata particolarmente interessante la capacità delle nanofibre di arrestare la propagazione di una frattura: grazie alla loro modalità di distribuzione nella matrice resinosa, infatti, le forze funzionali vengono dissipate e neutralizzate.
Neanche la zirconia è sfuggita alla tecnologia nano e, similmente, ha dato buoni risultati: in particolare, è migliorata la durezza del materiale al quale cui viene aggiunta.
Una modifica negativa data dalla presenza delle nanofibre è, invece, l’ostacolo al passaggio della luce proporzionalmente al loro diametro, mentre la contrazione post-polimerizzazione non varia rispetto ai materiali tradizionali. Un aspetto importante che presenta ancora molte incertezze è la lucidabilità dei compositi rinforzati con nanofibre.

Nuovi materiali attivi contro la carie - Ultima modifica: 2024-07-16T08:53:19+00:00 da K4
Nuovi materiali attivi contro la carie - Ultima modifica: 2024-07-16T08:53:19+00:00 da K4